Internet delle cose: cambiamenti in atto, rischi e vantaggi

15 Ott 2015 News

Olivi: “Positivi i risultati della banda larga in Trentino”. Ferrari: “Un punto di partenza, non di arrivo”.

L’internet delle cose cambierà l’economia e la società. O meglio. Lo sta già facendo e l’interconnessione, altrimenti detta, sarà alla base della terza rivoluzione industriale. Ecco che consumatori e produttori, insieme, si trovano a condividere un nuovo ruolo che si può definire come ruolo dei “prosumer”. In che modo l’Italia si sta preparando a questa nuova era? Quali sono i vantaggi e quali i rischi?

Questa la tematica affrontata alla Sala della Fondazione Caritro, in occasione di uno degli incontri pomeridiani promossi nell’ambito del Festival delle Professioni, moderato da Alessandro Longo, giornalista de la Repubblica e del Sole24 Ore, oltre che direttore responsabile di agenda digitale.eu.

In un prossimo futuro non conterà più il possesso degli oggetti, ma il loro uso. Un cambiamento epocale che è destinato a travolgere business consolidati. Già cominciamo a vederlo, questo futuro dagli effetti impetuosi e rapidissimi. La possibilità di ascoltare la musica sul web e scambiarsela in streaming, ad esempio, ha sconvolto in pochi anni l’industria del settore. Anche l’editoria è stata messa sottosopra da Internet e dai social e il car sharing si sta imponendo come modello per la nuova mobilità.

Ad aprire il dibattito è stato Alessandro Olivi, vicepresidente della Provincia autonoma di Trento che ha riassunto l’impatto sull’economia trentina dato dalla diffusione della banda larga: uno studio importante, quello realizzato negli anni scorsi, tra i primi progetti in Italia, per stabilire una relazione tra internet veloce e casi concreti. Significativi sono stati i dati in termini di performance, e tutto ciò si è rivelato un importante investimento per il territorio, oltre che una chance data alle aziende per crescere, per farsi conoscere e per veicolare informazioni. “Certo, vorremmo poter vedere sul nostro territorio “più cavi e meno asfalto” – ha detto Olivi -. Per dirla in parole povere, il Trentino ha ancora più bisogno di questi investimenti per far si che imprese, lavoratori e professionisti in generale possano beneficiarne anche nelle zone meno avanzate. E a tal proposito a fine aprile la Provincia ha approvato un atto di indirizzo per lo sviluppo della banda larga su tutto il territorio con l’obiettivo entro il 2018 di ampliare potenza e velocità per l’utenza pubblica e privata, siano esse imprese o liberi professionisti. Il dato significativo è che di questi 67 milioni di euro pronti per essere investiti, 16 milioni sono stati messi a disposizione delle imprese sotto forma di credito di imposta. L’utente, in pratica, ha la possibilità di recuperare in detrazione fiscale fino a un massimo del 50% della spesa destinata all’investimento e all’innovazione.

Con lui l’Assessora provinciale all’università e ricerca Sara Ferrari. “Oggi possedere gli strumenti dell’Information and Communications Technology, è indispensabile per chiunque, qualunque sia la competenza disciplinare di cui si è portatori. Noi abbiamo un sistema della ricerca che è di alta qualità. Non lo diciamo noi, ma lo dicono i valutatori terzi anche a livello nazionale. Sul fronte dell’Ict, in Trentino siamo un territorio che ha investito molto e intende continuare ad investire in questo settore, che consideriamo strategico per lo sviluppo del territorio. Il modello trentino si è differenziato in modo significativo, da una parte riconoscendo un ruolo centrale all’università e agli altri centri di sapere, dall’altra ampliando il ruolo del pubblico in quanto finanziatore privilegiato di innovazione. I presupposti normativi ci sono e sono molti: il programma pluriennale di ricerca della Provincia è stato certosino e attento a dialogare con il territorio e le sue realtà sociale. L’investimento nell’innovazione serve sia al sistema economico, sia a quello sociale per un miglioramento del vivere comune e del benessere dei cittadini. Di questi positivi risultati il Trentino può e deve farne tesoro per creare dei punti di partenza, non di arrivo. Qualche dato per contestualizzare. Nel settore ICT attualmente ci sono 800 aziende per 5000 addetti e siamo il territorio con più star-up innovative in questo settore.

Di seguito è intervenuto Angelo Marcello Cardani, presidente AgCom: “La rivoluzione che stiamo vivendo già da parecchi anni in Italia – ha detto -, porta cambiamenti tendenzialmente lenti, rispetto ad altri Paesi, ponendoci in una situazione di svantaggio. La rivoluzione digitale ci riguarda in prima persona, sia come cittadini, sia come utenti finali della pubblica amministrazione, sia come consumatori di servizi.” L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sente la necessità di una riforma ampia della normativa italiana in materia di comunicazione, informazione e media, considerando che “il quadro esistente, tra l’altro molto frammentato e disomogeneo, è ormai obsoleto rispetto alle sfide imposte dal nuovo sistema. Gli indicatori per la banda ultra larga presentano un grado di arretratezza preoccupante rispetto all’Europa. La creazione di infrastrutture, per lo sviluppo della banda larga, è di tale importanza che persino lo Stato sta pensando di intervenire attivamente. L’offerta è quindi molto ampia in questo comparto; d’altra parte si rende necessaria per stimolare la domanda. Quali elementi possono influenzarla? Si è chiesto Cardani. “Secondo una mia personale opinione – ha aggiunto -, la mano pubblica ha un effetto potente e moltiplicatore sotto forma digitale: i servizi della pubblica amministrazione, come la documentazione, la certificazione, il flusso di documenti, i servizi di telemedicina (terapia e sorveglianza a distanza dei malati cronici), la scuola, l’università e in primis il telelavoro, sono di stimolo per l’applicazione anche nel settore privato. È l’internet delle cose, quindi, che ci permette di rimanere sempre collegati: in ottica futura pensiamo allo sviluppo della domotica che ne può conseguire: un’occasione di rinnovo e di crescita per le aziende del settore”. Qual è il ruolo di AgCom in tutta questa rivoluzione? “Come AgCom – ha commentato Cardani – abbiamo appena concluso una grossa indagine conoscitiva che ha rilevato la dimensione di questo fenomeno, raccogliendo suggerimenti da parte dei settori industriali che stiamo elaborando per poter redigere un documento finale che sarà pubblicato e dal quale la stessa politica normativa può, anzi deve prenderne spunto. I problemi? Uno su tutti, quello della tutela del diritto alla privacy, che può venire compromesso con la sempre maggiore diffusione e la capillarità di una rete digitale invasiva”.

Stefano Quintarelli, deputato Scelta Civica per l’Italia e presidente del Comitato di indirizzo Agenzia per l’Italia Digitale, propone un punto di vista differente. E sentenzia: “Non siamo abituati a pensare in maniera immateriale, e la riservatezza dei dati personali, la cosiddetta privacy è un concetto difficilmente comprensibile. Almeno nel suo atto pratico. Le regole del gioco sono completamente diverse, rispetto a quando accadeva una volta, e le attuali normative europee prevedono condivisione di dati e informazioni, modificando in tal senso le basi dell’economia e dei rapporti sociali. Si può essere d’accordo o meno – ha concluso-, certo è che è una problematica da affrontare e da gestire sotto molti punti di vista”.

Rossella Lehnus, responsabile pianificazione strategica e sviluppo business di Infratel Italia, racconta l’esperienza degli ultimi dieci anni: “Tra le problematiche costanti che sono emerse in termini di diffusione della banda larga in Italia – ha spiegato – vi sono la reperibilità delle risorse pubbliche per le aree a fallimento di mercato. I costi di implementazione sono ingenti e la permissistica rallenta la loro realizzazione incrementando i relativi costi. Analizzando la curva del digital divide negli ultimi 10 anni si evidenziano molte analogie fra il digital divide della banda larga e quello della banda ultralarga. Le regioni tecnologicamente più avanzate sono infatti sempre le stesse: Lazio, Sicilia. Toscana e Liguria, mentre quelle che presentano in digital divide più ampio, per ragioni orografiche, di mercato e sociologiche sono sempre io Molise, la Sardegna, la Basilicata e l’Abruzzo. Regioni che a differenza del passato hanno saputo reagire in anticipo grazie al piano eurosud. Il Trentino Alto Adige invece palesa risultati sempre eccellenti grazie ad una buona amministrazione che ha saputo stanziare e gestire al meglio importanti investimenti”.

Carlo Buzzi, docente dell’Università di Trento e Presidente CoreCom Trento, ha evidenziato che le innovazioni digitali, in quanto tali, richiedono una forte capacità di adattamento da parte degli individui. In un mondo sempre più digitalizzato, però, alcuni segmenti della popolazione perseguono questo scopo in termini più rapidi di altri. Il “portare la rete dove non c’è”, la disponibilità di un collegamento internet dov’esso non esiste, dipende anche – da un punto di vista sociale – dal mondo digitale di fasce della popolazione che avrebbero la possibilità di utilizzarlo, ma non sono in grado per questioni tecniche: problema che si pone ad esempio per gli anziani in contrapposizione alle nuove generazioni. Ma quali sono le ricadute sul piano cognitivo degli stessi? Il mondo digitale ha cambiato il modo in cui i giovani ragionano, si comportano, reagiscono. Essi vivono costantemente nel presente, con notevoli difficoltà in termini di programmazione per obiettivi anche nel breve e medio periodo.

Alla sua riflessione si è riallaccia anche Roberto Saracco, direttore dell’EIT ICT Labs Digital Italia, che ha puntato il dito su altre problematiche di natura culturale. L’interconnessione di dati e risorse è ancora una seria difficoltà per la pubblica amministrazione. “E certo non ci si può nascondere – ha detto – dietro la scusa del non ci sono le infrastrutture: il piano di apertura dei dati e di condivisione degli stessi deve partire da una vera e propria rivoluzione culturale, prima ancora che sul piano politico e di investimenti economici”.

A chiudere la tavola rotonda, in conclusione di serata, sono stati poi gli interventi di Francesco Sacco (membro del tavolo permanente per l’innovazione e l’agenda italiana del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione) che ha focalizzato l’attenzione sull’aspetto normativo italiano per la banda ultra larga. Infine di Marco Scialdone, Segretario di Agorà digitale, che ha parlato di diffusione di buone pratiche e di interpretazione da parte della giurisdizione costituzionale per la creazione di precedenti normativi in materia digitale. Infine è intervenuto Carlo Mauceli, National Digital Officer Microsoft Italia, che ha ribadito ulteriormente il concetto della sicurezza dei dati personali e commerciali: “Una delle problematiche – ha precisato – da tenere sotto controllo”.

Per maggiori informazioni contattate l’ufficio stampa: Silvia Bruno 333 9980836

Per scaricare il programma: http://www.festivaldelleprofessioni.it/programma-2015/